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lunedì 10 marzo 2014

Cosa impedisce il risveglio? Il velo di Maya e la zona di confort.



Tutti noi - senza esserne consapevoli - nasciamo dormendo, viviamo dormendo, ci sposiamo dormendo e muoriamo dormendo. Senza mai svegliarsi.  E' come se viviamo un grande inganno, un auto-inganno, dove ci inganniamo su ciò che crediamo sia vero.  

Lo dice a chiare lettere Arthur Schopenauer, il quale ha coniato il termine, "velo di Maya" basandosi su antichissimi presupposti provenienti dalla cultura e religione induista: egli sostiene che il velo di Maya ci impedisce di vedere che il nostro "vivere" è in realtà "sognare", e che questo sognare obbedisce a regole ben precise, valide per tutti, e profondamente inserite nei nostri schemi cognitivi e culturali.

E' facile prevedere che la prima reazione a quest'affermazione forte sia un netto rifiuto.  Magari è una vocina dentro di voi che esclama: <<Cooooosa?? Ma che cavolo stai dicendo? E' impossibile! >>. Oppure <<Sei matto!>>.

E' facile prevederlo perchè l'insieme delle nostre "convizioni" (ciò che crediamo di essere, ciò che crediamo sia vero) rendono il nostro mondo e la nostra realtà un "tutto congruente". Sono il "comodo calduccio" delle cose note, conosciute, date per scontate. Il comodo calduccio che ci mantiene nel sonno e ci fa persistere nell'unica alternativa che abbiamo: il sognare.
Da un lato non possiamo svegliarci se non siamo disposti a mettere in discussione l'intero sistema delle convinzioni (culturali, religiose, personali eccetera). Dall'altro non è piacevole uscire dalla "zona di confort", dal "conforto" del conosciuto. 

Infatti, per cambiare o pensare diversamente saremmo obbligati a utilizzare tempo, risorse ed energia, e una parte di noi (a cui piace dormire al calduccio) proprio non va di fare le cose diversamente da come è abituato a farle. Sarebbe faticoso.
Questa parte di noi (chiamiamola "EGO") si rifiuta di mettere in dubbio le cose in cui crede e proprio non gli va di avere torto. Si rifiuta di mettere in dubbio le cose a cui crede perchè percepirebbe una "mancanza" (essere diversi da ciò che siamo abituati ad essere), da cui deriva una "sofferenza".

Permettetevi di riflettere un momento su quanto spesso le persone hanno un pensiero, una supposizione o una convinzione su qualcosa nella loro mente e altrettanto spesso abbandonano ogni altra alternativa. Quasi come se avessero scoperto un certo tipo di cibo delizioso e decidessero di mangiare solo quello e non assaggiare più nient'altro. 
Da una parte ciò è rassicurante perchè le persone sono giunte saldamente ad una conclusione e pensano di non aver più bisogno di sprecare energia a pensare, analizzare e considerare altre cose come alternative. Questa è la "zona di confort"; il "conforto" del conosciuto. .
Ma dall'altro lato, che ne siate consapevoli o no, in questa modo ci precludiamo la libertà della comparazione. E quindi la libertà di scelta.

L'attività del  "sognare" nasce con noi, è "innata" (è, cioè, la nostra "unica realtà") e obbedisce a precise regole, valide per tutti indipendentemente dagli schemi cognitivi e culturali. Ma l'insieme delle idee e delle convizioni che rendono "congruente" il nostro mondo viene da fuori. Dall'esterno. 
Idee riguardo all'amore, alla libertà e alla felicità, solo per citarne alcune. 
Ora, quando assimiliamo un'idea esterna a noi, un'idea o una convinzione che viene da fuori, è come se veniamo programmati. E la "programmazione" include scelte obbligate. Mi spiego meglio: la programmazione esterna esclude ogni scelta che non sia già inserita nel programma.
"Reagiamo" ma ... non "agiamo"...

Capisco che non è facile ascoltare o leggere chi mette in discussione le vostre idee. Ma un lampo di verità vi illumina quando vi rendete conto che se una delle vostre idee/convinzioni viene attaccata o messa in dubbio la reazione "fisiologica", naturale, è che si rifiuta la cosa. Si rimane sbigottiti e si è pronti a combattere.
... combattere per un'idea che non ci appartiene, senza possibilità di scelta... 


Capite la portata di ciò che leggete, adesso? Questo basta per comprendere come le idee che hanno influenzato la vostra vita la rendono caotica e al contempo impediscono il risveglio?

Schopenauer e la religione indù anticipano di secoli i concetti che vengono oggi postulati alla base della "programmazione neuro-linguistica" (PNL), secondo la quale noi siamo i creatori della nostra realtà in base ai convincimenti profondi che abbiamo su chi siamo e ciò che crediamo possibile. 
E' ciò che crediamo possibile a dare significato alle cose che ci succedono nella vita: le nostre convinzioni (ciò che crediamo essere vero) sono filtri "colorati" che colorano tutto ciò che ci accade. E' un pò come avere degli occhiali con lenti colorate, di giallo per esempio, così tutto quello che vediamo è colorato o intriso del colore giallo. (questo argomento verrà approfondito in un successivo post).

Mi rendo conto che la prima reazione al solo pensiero di "cambiare" le nostre convizioni è la paura; capisco cosa significa temere la perdita delle cose familiari, note; i punti di riferimento che ci danno il "conforto" del conosciuto.  
Ma mi domando: quanto siamo disposti a mettere in dubbio le nostre verità? E quanto di ciò che abbiamo di più caro e familiare siete disposti ammettere in discussione?

Possiamo "svegliarci" solo se siete disposti a mettere in discussione l'intero sistema delle convinzioni (culturali, religiose, personali eccetera).  
Per il risveglio bisogna essere predisposti all'ascolto e all'auto-osservazione, privi di critica e di giudizio. 
Essere disponibili ad imparare qualcosa di nuovo su di voi. 
Integrare le informazioni in un nuovo modello, con convizioni conguenti e potenti.

Buon risveglio ;)





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